mercoledì 16 dicembre 2009

NUCLEARE? NO GRAZIE. di Volasufior

Siamo di fronte ad una crisi economica molto grave, lo dicono i più importanti economisti del mondo, alcuni dei quali la paragonano addirittura a quella che seguì il crollo di Wall Street nel 1929. Essa investe tutti i settori produttivi, in primo luogo quello dell’auto, provocando la perdita del lavoro per decine di migliaia di lavoratori: operai, impiegati, dirigenti etc., in tutti i Paesi industrializzati, a partire dagli U.S.A. E’ evidente che le varie soluzioni che si possono prospettare per uscirne non possono prescindere dall’affrontare, tra gli altri, il grande tema dell’energia, come dimostrano alcuni provvedimenti già presi dal neo presidente americano Barak Obama. In Italia da qualche tempo vari esponenti politici del centro destra, con in testa il Presidente del Consiglio, cercano di convincerci che l’energia nucleare è la giusta alternativa alla dipendenza energetica dall’estero e all’insicurezza dei costi legati all’imprevedibile andamento dei mercati.

Tralasciando il fatto che l’8 novembre 1987 in Italia, a seguito della tragedia della centrale nucleare di Chernobyl, si tenne un referendum nel quale l’80% dei votanti si espresse contro l’energia nucleare (quell’espressione della volontà popolare è ancora valida, oppure non conta più niente per i nostri governanti?), cerchiamo di vedere nel dettaglio le possibilità reali di ricorrere a quel tipo di energia.
In primo luogo va detto che, se si cominciasse domani a costruire una centrale nucleare, occorrerebbero almeno cinque anni per renderla operativa. Tuttavia prima della posa della proverbiale prima pietra, si debbono affrontare tantissime incombenze (individuazione dei siti, autorizzazioni varie, accordi con le popolazioni locali, problemi legati alle infrastrutture etc.) che aumentano di gran lunga i tempi. Infatti esponenti autorevoli del governo hanno promesso l’avvio dei lavori entro il 2013: aggiungendo i 5 anni per la realizzazione, posto che tutto fili liscio, arriveremmo al 2018. Nel frattempo che facciamo?
La seconda questione riguarda l’uranio.
Qualcuno ha detto che il nucleare ci affrancherà dalla dipendenza petrolifera, trascurando il fatto che l’Italia non ha uranio e che il minerale radioattivo inizierà a scarseggiare nel mondo già dal 2035 (l’esaurimento del petrolio, al ritmo attuale di consumo, è previsto tra 40 anni e quello del gas naturale tra 60).
Il terzo fattore importante riguarda i costi.
E’ dimostrato che la produzione di energia atomica richiede costi molto più elevati rispetto ad altre fonti, per questo molti Paesi europei (Belgio, Germania, Olanda, Spagna, Svezia) hanno deciso di abbandonare questo tipo di energia. Gli impianti attualmente in costruzione nel mondo sono circa una quarantina, la maggior parte in Cina e in Russia, ma i 439 in funzione, molti dei quali già obsoleti, alla loro chiusura non saranno rimpiazzati. Va aggiunto che essi producono solamente il 6% dell’energia totale, ossia una percentuale minima e del tutto insufficiente per far fronte alle sfide che ci attendono.
Infine anche l’argomentazione che il nucleare, essendo privo di emissioni di anidride carbonica in atmosfera sarebbe una fonte “ecologica”, risulta piuttosto debole per due motivi:
il raffreddamento di un reattore richiede enormi quantità di acqua sottratta ad altri usi (l’economista Jeremy Rifkin ha fatto notare che il 40 % dell’acqua francese viene utilizzata per raffreddare le 20 centrali nucleari in funzione in quel Paese: con l’aumento della siccità e con estati sempre più calde, questo è sicuramente un punto di grave criticità);
il gravissimo ed irrisolto problema delle scorie radioattive che restano tali per circa 24.000 anni e nessuno è in grado di dirci dove e come vadano messe in sicurezza.
Alla luce di quanto detto, appare evidente che la scelta del nucleare ci porterebbe con ogni probabilità al collasso sia economico che ecologico. Essa inoltre aumenterebbe la nostra insicurezza, non solo quella legata ai sempre possibili incidenti, ma soprattutto quella relativa ad eventuali attentati terroristici che potrebbero individuare nelle centrali dei potenziali obiettivi per provocare vere e proprie catastrofi.
A nostro avviso vi è un’alternativa sostenibile e seria al nucleare, basata sul risparmio e sulle cosiddette energie rinnovabili. Si deve investire da subito in tutto quello che può aiutarci a ridurre gli sprechi e nella costruzione di centrali solari, eoliche, idroelettriche e geotermiche. Occorrerebbe inoltre finanziare la trasformazione di ogni edificio di vecchia o nuova costruzione in una mini-centrale in grado di produrre l’energia di cui ha bisogno e di mettere in rete eventuali eccedenze. Soltanto con una rete diffusa di produzione energetica, con fonti differenziate e per lo più rinnovabili, con tecnologie efficienti e flessibili che già esistono, potremo superare la crisi attuale, inaugurando una nuova stagione socio-economica, quella che è stata definita la “quarta rivoluzione industriale”: non più carbone, petrolio, uranio; non più denaro e profitto come unici e soli valori alla base dell’attività economica e dell’esistenza di ciascuno; non più enormi ricchezze per pochi e fame, miseria e morte per molti; non più consumismo irresponsabile e sprechi inutili. Ma l’impegno di tutti per imboccare la strada di un’innovazione a misura d’uomo; di una distribuzione più giusta ed equa delle risorse e della ricchezza; di una maggiore sensibilità ambientale; di un consumo consapevole ed equo determinato dalla scelta consapevole della sobrietà come modo di essere e come stile di vita; di una più alta coscienza civile; di una presa di coscienza delle grandi responsabilità che abbiamo verso la natura e verso le generazioni future, perché l’insufficienza delle risorse naturali e i limiti delle capacità di rigenerazione della biosfera ci avvertono che, se non cambieremo i nostri stili di vita, non avremo futuro.
Dobbiamo mettere in campo un movimento di opinione pubblica che sostenga queste idee e le imponga all’agenda della politica: insieme ce la possiamo fare perché gli esperti ci dicono che ci rimangono dieci anni per invertire la rotta ed evitare il collasso.

P.S. Dal 19 al 23 settembre del 1979 si tenne al Madison Square Garden di New York una spettacolare cinque giorni musicale di protesta contro il nucleare da cui fu tratto un triplo album intitolato “No Nukes” recentemente ristampato su cd. Vi parteciparono artisti del calibro di Jackson Browne, Ry Cooder, Crosby Stills & Nash, Bruce Springsteen, Tom Petty e molti altri che entusiasmarono le migliaia di giovani che hanno partecipato a quella festa di suoni, di canzoni senza frontiere, di Jam Session e di speranza per un futuro in cui, come disse, Stephen Stills, “…sia possibile costruire un’industria sulla forza benefica del sole…”. Sono passati trent’anni: è tempo che quel futuro arrivi.

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