“Il denaro è il bene supremo e quindi il suo possessore è buono. Il denaro, inoltre, mi toglie la pena di essere disonesto, e quindi si presume che io sia onesto. Chi possiede il denaro potrà sempre comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è più intelligente delle persone intelligenti?
Io, che col denaro ho la facoltà di procurarmi tutto quello a cui il cuore umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà? Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario?” ( K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844).
Mi piace pensare che allo stesso modo ghignasse ser Cepperello, dopo la confessione col santo frate che lo assolse e lo comunicò prima che morisse. Essendo stato pessimo uomo in vita, è morto reputato per santo, e chiamato San Ciappelletto (vedi Decameron, giornata I, novella I intitolata "Ser Ciappelletto").
Lo sappiamo: molti dei mali che affliggono la nostra democrazia sono imputabili anche alle numerose occasioni mancate e tradite da una sinistra (ma forse questa definizione non le si addice più) contigua alla destra nel costume, nel linguaggio e nelle idee. Ciò non toglie, tuttavia, che il maggiore pericolo per la tenuta democratica delle nostre istituzioni e per il prestigio del nostro Paese nel mondo provenga da Berlusconi.
Proviamo a vedere perché.
In primo luogo dobbiamo sgomberare il campo da un grande equivoco: non si tratta di questioni politiche o ideologiche, di destra, di centro, di sinistra. La politica non c’entra. Il problema è a monte, è prepolitico. Riguarda il modo di essere, di agire, di concepire l’esistenza; riguarda sincerità e menzogna, onestà e disonestà, coerenza e rettitudine; riguarda il senso civico e il senso dello Stato. Tutte cose che esulano dalla normale dialettica politica, dai programmi di governo, dalle proposte avanzate per affrontare e risolvere i problemi, dalle modalità di organizzazione dei partiti, dal loro rapporto con gli elettori per averne il consenso. Insomma da tutto quanto riguarda la politica così come la intende il senso comune.
Berlusconi, infatti, non è un uomo politico nel senso classico del termine, lo dice lui stesso con orgoglio. Ha dovuto occuparsi di politica dopo la bufera di tangentopoli, che aveva spazzato via i suoi referenti politici, Craxi in primo luogo, per difendere i suoi interessi e per non andare in galera (come lui stesso ebbe a dire in una memorabile intervista a Indro Montanelli. Enzo Biagi e Indro Montanelli infatti hanno scritto di aver udito da Berlusconi le seguenti parole: “Se non vado in politica mi mandano in galera e mi fanno fallire”. Perciò la vera ragione del suo impegno politico, la famosa discesa in campo, è quella di curare i propri interessi, salvare le proprie aziende dalla bancarotta e se stesso da condanne giudiziarie).
Si dice che dopo le elezioni politiche dell’anno scorso in Italia c’è un governo di destra, o di centro destra, come sono stati definiti i precedenti governi con Berlusconi presidente del consiglio. Ma il suo non è un governo di destra, perché in lui non c’è il decoro e il senso delle istituzioni della destra di Fini, né la concitazione aggressiva e xenofoba della Lega Nord, anche se ultimamente le posizioni della Lega hanno acquistato nel governo un peso sempre maggiore. Berlusconi non è né Fini né Bossi. E’ solo se stesso. Un signore molto ricco, benchè non appartenga a nessuna delle grandi famiglie dell’alta borghesia industriale italiana, la provenienza della cui ricchezza continua ad essere un mistero. Furbo, non troppo intelligente ma svelto, svincolato dal peso della buona reputazione e ricoperto dal manto del successo populista veicolato dal possesso di una enorme potenza mediatica. Non c’è nulla prima che gli assomigli. Non ci sarà nulla dopo di lui. Abbiamo a che fare con un caso unico in Europa e raro nella storia, soprattutto per il fenomeno della vasta sottomissione al suo potere delle cosiddette classi dirigenti e della stampa italiane. Come è stato possibile aver avuto per quindici anni e continuare ad avere come capo di una coalizione prima, di un partito poi e di governo un uomo troppo ricco, non sempre nel pieno controllo del suo comportamento pubblico e preoccupato solo di se stesso, della propria immagine, ridicolizzato in molte occasioni dalla stampa estera?
Maestro nello stimolare speranze senza mai soddisfarle, ogni giorno parla di finti progetti, annunciati e poi buttati (eliminazione delle province, riduzione dei parlamentari, lotta alla criminalità, riforma della giustizia, abbassamento delle imposte etc.) in un delirio di applausi che, prima o poi, cesserà di colpo.
Il nostro sempre sorridente siede sul groviglio dell’immondizia, del terremoto, della criminalità organizzata, della crisi economica, senza governare. Come ebbe a dire il neo segretario del Partito Democratico, il presidente del consiglio usa il potere per creare consenso, anziché usare il consenso per governare.
Tutte le sue leggi sono ritorsioni, punizioni, vendette volute e votate per interesse aziendale o personale; oppure il tributo a un partito feudatario, come il disumano e incivile pacchetto sicurezza, vero best seller di condanne nel mondo civile, laico e religioso.
Sua moglie, che deve averci pensato molto, ci ha detto che non sta bene. Alcuni italiani lo ammirano perché è ricco, pronto alla battuta e alla barzelletta e si circonda di belle e giovani ragazze. E sono sicuri che non usa aerei di stato per ballerine di flamenco e chitarristi personali. Altri, come Pannella e Di Pietro, vedono e dicono chiaro il pericolo.
In Italia manca l’ossigeno delle notizie vere. Il piede sul tubo è quello di Berlusconi, il quale, ribadisco, non è né di destra, né di centro né di sinistra: categorie che lo lasciano del tutto indifferente. E’ solo se stesso, col suo enorme impero economico e mediatico, con un conflitto di interessi che non ha eguali nel mondo democratico, con i suoi guai giudiziari, con la sua doppia e tripla morale, con le sue bugie, le sue barzellette e i suoi atteggiamenti di dubbio e, talvolta pessimo gusto, soprattutto se manifestati nella veste di presidente del consiglio. Tutte cose che, come è evidente, con la politica non c’entrano nulla.
Quindi, per tornare a respirare l’ossigenodella verità, per avere un Paese normale nel quale destra, centro e sinistra si confrontano nel totale rispetto delle regole del gioco democratico, per ricominciare a parlare davvero di Politica, dobbiamo liberarci da questa anomalia che già molti danni ha fatto e potrà continuare a farne se non la fermeremo.
(Liberamente ispirato ad un articolo di Furio Colombo intitolato: “Parlar male di Berlusconi”, l’Unità, 7 giugno 2009).
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